Geostoria

Fonti catastali

“Geography is the study of spatial differentiation, history the study of temporal differentiation. Historical GIS provides the tools to combine them to study patterns of change over space and time” (Knowles, 2002).

Nel 2002 Knowles, insieme a un nutrito gruppo di studiosi tutti ascrivibili in vario modo a settori disciplinari umanistici, formulò quella che forse sarebbe stata la più efficace definizione di GIS storico. Un assioma divenuto, negli anni successivi, principio di base per quanti si sarebbero successivamente dedicati a sudi oggi catalogati HGIS. Non solo quindi strumenti di produzione cartografica quanto piuttosto dei database geografici.
È oramai un dato di fatto che i sistemi informativi geografici, pur con qualche affanno, si stanno affermando anche nel settore della ricerca storica; specie in quelle discipline a carattere quantitativo direttamente connesse con lo studio del territorio.
La filiera storica, che oggi come in passato inizia tra la polvere degli archivi e con l’ausilio di fonti bibliografiche per poi prosegue con lo studio dell’informazione prodotta, si conclude però, nel caso di ricerche di storia digitale, con la pubblicazione sul Web di una serie di livelli informativi tematici. Un costrutto storico che è edito su piattaforme in cui, questa la grande differenza rispetto a ricerche tradizionali, posso coesistere le fonti originali, le metafonti e le interpretazioni dello storico. La costruzione di queste banche dati geografiche non deve quindi essere finalizzata alla realizzazione di mappe statiche «a-spaziali» quanto piuttosto all’elaborazione di una cartografia numerica che, in quanto digitale, è in grado di assumere dinamicità.
La cartografia digitale è per questo motivo universalmente riconosciuta come strumento euristico per lo studio del passato, sia nella vettorializzazione della cartografia storica, sia per la georeferenziazione di dati provenienti da altre fonti; allo stesso tempo, gli strumenti GIS si sono dimostrati un potente mezzo di applicazione e condivisione dei dati, sia per la pianificazione territoriale, sia per la comunicazione a una grande platea. La rappresentazione cartografica virtuale del passato si presenta quindi come uno dei nuovi punti di incontro tra ricerca e disseminazione.
Se dal lato l’uso dello strumento e il ragionamento sulle sue problematiche si sta sviluppando, dal lato pubblico si stanno creando strumenti sempre più amichevoli per consentire ai meno esperti di aggiungere dati, creare proprie mappe, condividere database geostorici. Il punto di incontro di questi due mondi non è tuttavia sempre agevole.
Posizionare un dato storico all’interno di uno spazio fisico consente quindi di comprendere i fatti studiati al di là di ciò che può essere ottenuto semplicemente studiando il fenomeno investigato senza il contesto spaziale in cui si trova e in cui questo si trova e si è sviluppato. I software GIS, con cui viene prodotta la cartografia numerica, consentono non solo di svolgere questo compito. Strumenti quantitativi consentendo che consentono di ubicare nello spazio dei layer informativi e, se si parla del lavoro degli storici, di poter interrogare la serie informative con i procedimenti geostatistici.
Il concetto di metafonti, introdotto per la prima volta da Jean-Philippe Genet nel 1992, fa riferimento proprio alla produzione di nuove fonti “immateriali”. Questi, prodotti grazie al supporto informatico, non sono semplicemente trasposizioni di documenti da “analogico” a “digitale”, quanto piuttosto il risultato della costruzione “ex novo” di nuovi documenti.


Il Censimento del Granducato di Toscana del 1632. Un progetto di ricerca tra geostoria e Historical GIS

Questa ricerca si propone una prima riflessione sui risultati della georeferenziazione di una serie di fonti geostoriche del Granducato di Toscana prodotte tra il XVII e il XIX secolo, i cui dati sono stati trascritti in formato digitale e resi disponibile online tramite un servizio CloudGIS.
Le fonti utilizzate sono il Catasto Generale della Toscana del 1819-1834, una Decima della città di Firenze del 1761 e un censimento della popolazione di Firenze e dello Stato Vecchio del Granducato del 1632. Il censimento, fino ad ora inedito, presenta interessanti caratteristiche date dalla presenza di due scale geografiche a cui corrispondono diverse caratteristiche informative.
La prima parte del contributo illustra le caratteristiche del documento, contestualizzandolo nella sua natura di strumento conoscitivo del territorio per lo Stato Mediceo. Per la critica della fonte si tiene conto delle finalità della sua produzione – il computo demografico e dei capi di allevamento – basandosi sulla documentazione archivistica correlata che si è potuto rintracciare.
La seconda parte del contributo mostra il metodo, le problematiche e i risultati del processo di georeferenziazione dei dati. Per concludere, i primi risultati ci consentono di presentare alcune informazioni inedite sulle attività produttive nella Toscana del XVII secolo, in particolare riguardanti la manifattura conciaria nella città di Firenze e l’allevamento ovino nel territorio mediceo. In secondo luogo, si vuole presentare alcune potenzialità aperte nel campo degli studi di geografie storiche dalla costruzione di metafonti in ambiente GIS per permettere la localizzazione e la rappresentazione cartografica di dati storici statistici, censuari e catastali.

Parole chiave: GIS storici, geografia storica, metafonti, Toscana


Cave de’ Marmi all’impianto del Nuovo Catasto Estense (1821-1824)

L’idea di questa ricerca nasce dal ritrovamento, presso l’Archivio di Stato di Massa, di una serie di registri e carte – estratto del Catasto Estense (1820-1824) – in cui sono elencate le cave esistenti nel territorio dello Stato di Carrara. Ad ognuno di questi registri, divisi per quattro comunelli del carrarese di Bedizzano, Torano Colonnata e Miseglia, è allegato a un apparato cartografico realizzato nella stessa scala di quello dei fogli mappali (1: 2000 o 1:4000), ove si riportano varie informazioni sullo stato di attività, i proprietari e la qualità del marmo sia alla data d’impianto del Catasto, sia per i secoli precedenti alla rilevazione fiscale.
Nella prima parte dell’articolo si introduce il contesto normativo ed economico dello Stato di Carrara nel XIX secolo per illustrare le motivazioni e le modalità con cui si decide di produrre questa documentazione, mentre la seconda parte è invece dedicata all’analisi della “metafonte” elaborata con la vettorializzazione delle particelle catastali e la trascrizione delle informazioni dal Catasto. Ad una analisi sincronica, basata sullo studio dello stato dell’attività mineraria del 1820-24, si aggiunge dunque una seconda indagine di carattere diacronico effettuata attraverso la comparazione di queste informazioni storiche con il censimento attuale delle cave.
La vettorializzazione tramite applicativi GIS e l’incrocio di questi nostri dati con quelli odierni prodotti dal SITA della Regione Toscana consente quindi di individuare quanto, come e dove queste attività estrattive si sono ampliate, ma anche di seguire le trasformazioni nell’asse della proprietà nell’arco di questi due ultimi secoli.

Gabellieri N., Grava M., Per una geostoria delle attività estrattive di Carrara: la cartografia digitale delle Cave de’ Marmi descritte all’impianto del Nuovo Catasto Estense (1821-1824), in Bollettino della ASSOCIAZIONE ITALIANA di CARTOGRAFIA 2017 (159), 43-53

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